mercoledì 26 agosto 2020

I 20 ASSOLI DI CHITARRA CHE PREFERISCO

Nei giorni del "Lockdown", chiuso forzatamente  in casa, mi incuriosivano le varie catene proposte su Facebook (un disco al giorno per venti giorni, i migliori sette quadri, etc) che hanno rappresentano una bella immagine delle esperienze culturali delle varie generazioni non nascondendo a volte qualche bella sorpresa. Ho voluto così dare anch'io il mio contributo, e, da chitarraio che sono voglio parlare degli ASSOLI DI CHITARRA che nel tempo ho trovato più interessanti, sia a livello tecnico che a livello emozionale. Parlare di assoli,in fondo è parlare dei vari chitarristi, ma questa volta voglio porre l'accento sulle singole prove, su quello che hanno rappresentato per me una volta scoperte. La mia non è una classifica, nell'esposizione ho scelto un ordine, magari nemmeno molto preciso, cronologico di scoperta. Ho comunque lasciato per ultimi i tre che ritengo più importanti per me (non più belli o migliori, quelli più importanti per me). Cominciamo (per ascoltare i brani clicca qui):

THE BEATLES - SOMETHING 

La prima chitarra era approdata a casa da poco, dovevo ancora iniziare ad andare a lezione, il poco che imparavo veniva da un metodo scalcagnato, da quello che i miei fratelli apprendevano dagli amici (in piena era beat) o da quello che riuscivo a sbirciare quando facevano le prove i ragazzi più grandi che già avevano un gruppo (Luciano Canola e Stefano Zanco). I Beatles giravano spesso sul vecchio Europhon di casa, io a occhi aperti sognavo di suonare un giorno questa canzone del grande George Harrison. Riascoltata adesso lascia ancora a bocca aperta per la raffinatezza del giro armonico e per il tocco di seta di George!

THE BEATLES - WHILE MY GUITAR GENTLY WEEPS 

Dagli ascolti dell'antologia Blu dei Beatles (1967/1970) dopo Something la puntina andava spesso a cercare questo brano. All'epoca non sapevo che il chitarrista che suonava la solista era niente meno che mr. Eric Clapton, non sapevo quanto lo avrei nel tempo amato e venerato, non sapevo che avrei proposto questa canzone nel repertorio di ogni band con cui mi sarei trovato a suonare. Non avevo nemmeno la più pallida idea di che cosa fossero quei bending che tanto assomigliavano alle urla di un cuore frustato (gently weeps....) Sapevo che già mi colpiva nelle viscere, anche se ero piccolo......

SANTANA - EUROPA 

Non un semplice assolo, ma una vera esposizione melodica di tutto il brano. All'epoca andava molto in radio, e tutti noi aspiranti chitarristi tenevamo Santana molto in considerazione, perchè lo trovavamo tutto sommato abbordabile. (Luigi Savegnago). A riascoltarlo ora, emoziona ancora la qualità e pienezza del suono, il tocco sopraffino, la stupenda pronuncia ritmica.

CROSBY, STILLS, NASH & YOUNG - ALMOST CUT MY HAIR 

L'antologia dell'Atlantic girava spesso in casa e questo era il mio brano preferito. Penso che la Lead Guitar fosse opera di Steve Stills, mentre nente meno che mr. Neil Young faceva i contrappunti nel solo principale. Per l'epoca fantascienza.

DEEP PURPLE - HIGHWAY STAR 

L'hard rock iniziava a bussare prepotentemente ed i Deep Purple erano testata d'ariete, guitata dal grande Blackmore. Smoke on the water un riff obbligatorio, la mascella cadde all'ascolto di questa (beh, a pari merito con Child in time....)

LED ZEPPELIN - STAIRWAY TO HEAVEN 

La conoscenza di questa canzone era anticipata dalla sua fama. Tutti non parlavano d'altro e, da buon chitarrista classico, mi trovai a imparare gli arpeggi ancora prima di averla ascoltata tutta. Quando finalmente misi le mani sul disco (il live del 1973 al Madison...)si aprì un mondo! Ma al di là dell'innegabile bellezza del brano e presente che poi Jimmy Page è diventato uno dei miei chitarristi preferiti, che ho ascoltato e studiato a fondo, rimane la grandiosità di quell'assolo, pur giocato su figure semplici (perlopiù pentatonica di la minore), ma nobilitato da fraseggi fluidi ed espressivi, da un inesauribile phatos dinamico che culmina nei bending finali. Capolavoro.

FOCUS - FOCUS III  

Gruppo olandese abbastanza sottovalutato, era ritenuto la risposta continentale ai Jethro Tull. Lo scoprimmo grazie ai già nominati "amici più grandi che già avevano un gruppo" che avevano scelto Sylvia (altro brano grandioso) come apertura dei loro concerti (parliamo dei primissimi anni 70 pensate quanto avanti erano...). Tutto il playing di Jan Ackermann è da godere, ascoltare a fondo e studiare. Ho scelto questa, per il suo cambio dinamico veramente entusiasmante.

ALLMAN BROTHERS BAND - MOUNTAIN JAM 

Duane Allman e Dicky Betts, doppia chitarra solista. Amavo questa musica che veniva dal Blues, con qualche spruzzo di contry e quella sensazione di libertà, confermata da quelle lunghe svisate totalmente improvvisate, libere dagli schemi melodici precisi che potevano (semplicisticamente) caratterizzare quanto ascoltato fino ad allora. Al minuto 27,20 parte l'assolo finale di Duane Allman, capolavoro di espressività, tocco, qualità del suono.

YES - STARSHIP TROOPER 

Steve Howe all'epoca (anzi ancora adesso) era tanta roba, ricordo quando vidi al cinema il film di Yessongs, uscii inebetito, con la sensazione di avere visto qualcosa di inarrivabile. Godiamoci dal min. 7.00 in poi, prima il solo di moog di Wakeman e poi quello di Howe, grande sintesi di espressività e "tiro".

PINK FLOYD - TIME 

Ancorchè il David sia estremamente considerato da tutti i chitarristi per il suo tocco e soprattutto per il suo suono (direi quasi che due maroni....) all'epoca non mi catturò più di tanto, i Pink Floyd, ed in particolare The Dark Side of The Moon che rimane un album "da isola deserta", mi colpivano di più per l'equilibio del loro insieme. Ho apprezzato il Gilmour solista in un secondo momento. Facile sarebbe citare Confortably, ma quello di Time resta il mio solo preferito.

VASCO ROSSI - ALBACHIARA 

Magari oggi fa sorridere una citazione di Maurizio Solieri e del solo di Albachiara, ma non posso dimenticare i primi ascolti sconvolgenti (....roba da paura). Durante il militare c'erano in camerata diversi ragazzi emiliani che ascoltavano le cassette di Vasco Rossi. Assolo di notevole valore sia espressivo, che tecnico e ritmico.

TOTO – HOLD THE LINE  

quando uscì il primo disco dei Toto ero perlopiù intrippato nel prog, e questi facevano un rock un po’ hard, un po’….canzonettaro, li guardai con sufficienza. Però il video di lancio del primo singolo Hold The Line era proprio figo, e mi trovai ad ammettere, nelle mie stupide conversazioni con altri aficionados, che l’assolo era proprio bello. Confermo tutt’ora, assolutamente asfaltato dalla carriera di quel giovane e fighissimo chitarrista……

JEFF BECK – CAUSE WE ENDED AS LOVERS 

Scoprii Beck molto più tardi di Page e Clapton, mi andai a comperare il disco, Blow by blow, quello con la les paul ox-blood in copertina, in quanto sulle riviste di chitarra che nel frattempo avevo iniziato a leggere assiduamente, il Becko era mooolto considerato.  Non rimasi deluso, e la canzone di spicco era appunto Cause we ended as lovers, brano di Stevie Wonder che, in questa interpretazione, rappresenta una vera antologia di quanto può essere espressiva  una chitarra. Non è un vero assolo, quanto, come la già citata Europa, una intera canzone melodicamente supportata dalla chitarra. Tecnicamente ed espressivamente sicuramente una spanna sopra.

OZZIE OSBOURNE – GOODBYE TO ROMANCE 

Nei primi anni 80 il buon Ozzie, storico cantante dei Black Sabbath, avvio una proficua carriera solistica, e reclutò un giovane chitarrista di Los Angeles, tale Randy Rhoads, con il quale produsse due splendidi album finchè, un maledetto e stupido incidente aereo spense la stella del giovane astro nascente della chitarra.  Qui parliamo di rock piuttosto duro, quasi metal, ma Randy aveva un fraseggio assolutamente personale ed elegante, dove i tradizionali stilemi del rock erano mutuati da una solida conoscenza della musica classica. E’ uno dei chitarristi in assoluto che mi emoziona ad ogni ascolto. Ho scelto Goodbye to romance, anche se in sé è una canzonetta, oltre che per il magnifico assolo perché mi smuove altri ricordi. Ma dovremmo mettere in evidenza tutti i due album suonati da Randy con Ozzie.

MARILLION – INCUBUS  

Gruppo affacciatosi sulla scena nei primi anni 80, definito come “neo progressive” in quanto riprendeva un certo approccio delle più celebri band dei primi 70, in un momento in cui Disco e Punk avevano stravolto tutto, e su altro versante si affacciava la “new wave, che comunque non mi aveva mai convinto. Salutai all’epoca l’avvento di Fish e soci come una boccata di aria fresca, anche se velocemente si riteneva il gruppo lontano dai fasti dei predecessori. Certo, Steve Rothery non era né Howe, né Fripp Né Hackett però….  A me piaceva.  E tanto. Lo sentivo molto affine alle mie corde come stile. Così affine che, una sera, ascoltando in macchina questo brano con un amico, al partire dell’assolo verso i quattro minuti, costui disse “ehi, ma questo ti copia!” Oddio, non era proprio così, ma lo ritenni tanto un bel complimento…..

GARY MOORE – THE STORY OF THE BLUES 

Nei primi anni 90 Gary Moore, che aveva alle spalle una buona carriera come chitarrista hard, uscì con un paio di dischi di blues (Still got the blues e After Hours) che acquistai, anche qui convinto da buone recensioni.  Fu uno di quegli incontri che dopo due minuti ti sembra di conoscerti da sempre… Il solo di The Story of the blues è veramente tosto, per la bordata di passione che mette in campo, spinta da un suono grande come una casa. Epico.

STEVE VAI – FOR THE LOVE OF GOD 

Qui siamo sempre nei primi anni 90, e Steve si stava affermando, dopo gli esordi come turnista di Frank Zappa, con la carriera solista. Tecnica, controllo del suono e dello strumento, feeling, tutto ai vertici. Un alieno delle sei corde.


Veniamo al podio, ma diciamo che è un primo posto ex equo…..

STEVE HACKETT – THE MUSICAL BOX CLOSING SECTION 

Chi mi conosce avrà pensato che ero uscito di senno a dimenticarmi il grande Steve, ma non c’erano rischi che ciò potesse succedere. Sicuramente ai vertici della mia personalissima classifica, di Hackett mi piace…. Tutto. Uso della 12 corde, della Nylon guitar, il suono ed il fraseggio sull’elettrica, le sue doti di compositore, a mio avviso ancora più grandi di quelle di chitarrista, il suo lavoro nei Genesis.  Non è stato semplice scegliere un assolo da indicare in questa lista di preferiti. Facile sarebbe stato mettere il celeberrimo assolo di Firth of Fifth, oppure la closing section di After the Ordeal. Oppure Every Day o Spectral Morning.  Ma ho scelto il finale di Musical Box, un minuto circa di piena catarsi, il giusto epilogo all’eccentrica storia narrata dall’altrettanto grande Peter. Su un articolo ho letto una volta che il solo finale di Musical Box fa alzare i peli delle braccia anche a chi non li ha. Ecco.

DREGS – CONVERSATION PIECE

Magari Steve Morse è conosciuto ai più per la sua militanza nei Kansas o per avere sostituito Blackmore nei Deep Purple.  Ma già nei primi anni 80 aveva costruito una grande carriera nei Dregs o come solista. I Dregs facevano una musica che andava molto negli states, una fusion con elementi di jazz, classica e rock forse un po’ eccentrica alle nostre orecchie. Ma l’assolo che parte in Conversation Piece intorno al quarto minuto resta per me uno dei vertici che si possono ascoltare per la chitarra elettrica, per costruzione, timbro, espressività, tecnica. Monumentale.

FRANCO MUSSIDA – AMICO FRAGILE 

Ero giovane quando vidi a Vicenza il famoso concerto di De’ Andrè con la Premiata, all’epoca De Andrè non lo cagavo proprio mentre ero assolutamente affascinato dalla PFM. Speravo quella sera che almeno il repertorio fosse ripartito tra il cantautore ed il gruppo. Ovvio che non ci capii un gran che di quella serata, che anzi mi lascio un po’ deluso…. Certo che quegli assoli in quella canzone lunghissima…..  Il tempo, e purtroppo la sua morte, mi portarono a riconsiderare tutta l’opera di De Andrè e a restituirgli la sua posizione tra i grandi (il più grande in Italia azzardo). E con lui ovviamente il Live con la Pfm, che sono arrivato ad amare, a studiare a fondo, tanto da misurarmi più volte live con questo repertorio.  L’interpretazione di Mussida in Amico Fragile è semplicemente amore all’ennesima potenza. Non potrei rimanere senza.  



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