Nuova serata della FAT BOTTOMED BOYZ BAND - organizzata in collaborazione con il "BAR AL POLI" di Creazzo.
Questa volta sarà la splendida cornice del "VILLAGGIO DI ANDREA" di Creazzo ad ospitare la nostra JAM SESSION.
Sul sito http://www.villaggiodiandrea.blogspot.com/ tutte le indicazioni per raggiungere il sito.
Scaletta ed abbinamenti definitivi (cliccare due volte sulle foto per ingrandire):
Ora che qualche capello bianco comincia a caratterizzare il mio look (unito a qualche kg di troppo) posso affermare, in merito al variopinto popolo dei “chitarrai” (al quale orgogliosamente appartengo), una cosa praticamente certa: il chitarrista medio, quello che suona “per divertimento”, una volta raggiunto un certo livello tecnico, alto o basso che sia a seconda delle sue capacità, applicazione, predisposizione, orecchio e quant’altro, smette di progredire ed inizia ad interessarsi, o meglio ad ossessionarsi, al SUONO.
Ciò di norma coincide con le prime apparizioni in pubblico. Difficile sentire un chitarrista rivolgersi all’amico di turno chiedendo “come ho suonato”; molto più facile sentire affermazioni del tipo “come si sentiva”, accompagnate da sguardi impauriti ed apprensivi.
Curioso poi osservare che, nella ricerca del SUONO non tutti gli anelli della catena godono della stessa attenzione: Una volta approdato alla Strato od alla Les Paul di turno, il nostro “chitarraio” trascura spesso elementi quali corde, cavi, meccaniche che ci aiutano a rimanere accordati, specializzandosi, in ordine crescente su pick up (ma una volta approdato ai Duncan o ai Di Marzio di norma trova la pace), sugli ampli (ed anche qui una volta scoperto il gusto della valvola…) per approdare ad una perenne insoddisfazione nel momento dell’arduo assemblaggio della pedaliera!
Il popolo degli “acustici” è parimenti ossessionato dall’argomento “SUONO”, anche se con sfumature diverse: qui la diatriba tra palissandro e mogano diventa una delle questioni principali, anche se alla fine, il maggiore motivo di attenzione, se non di frustrazione, è dato dalla TRASDUZIONE, ovvero la scelta del sistema che si incaricherà di trasformare le vibrazioni delle nostre corde in segnali da inviare all’amplificazione. Ciò perché TUTTI si scontrano con una incontrovertibile realtà: qualsiasi sistema di trasduzione, per quanto sofisticato, restituirà un suono che ricorderà solo da lontano il vero timbro dell’amata acustica, con un risultato comunque inferiore ad una ripresa effettuata con un microfono a condensatore anche di qualità medio-bassa.
Il “chitarraio acustico” continua di norma a sperimentare e ricercare il suo Graal, perché la ripresa microfonica è comunque difficilmente gestibile dal vivo, sia che si suoni da soli che, a maggior ragione, con altri strumenti, stante la perfidia del nemico n. 1: il famigerato “larsen” o “feedback”.
Nel tempo si sono visti numerosi sistemi di trasduzione, ognuno con i suoi pregi ed i suoi difetti: tra gli altri i diffusissimi “piezo da sottosella”, spesso accompagnati da preamplificatori “on board” che assomigliano a citofoni che violentanto le fasce delle ns. amate dread; piuttosto che pick up magnetici da buca, o microfoni a condensatore interni. Questi sistemi, a fianco del “plus” rappresentato da una generale semplicità di utilizzo, presentano per contro aspetti negativi, quali, generalizzando un po’, una resa “plasticosa” e che capta unicamente la vibrazione del ponte (i primi), piuttosto che la sola vibrazione delle corde - con un risultato simile a una chit. Elettrica - (i secondi), quanto un suono “intubato” e troppo sensibile al feedback gli ultimi. Va detto che nel tempo le proposte dei vari produttori si sono via via sofisticate, con un miglioramento dei risultati che, accompagnati da una sana equalizzazione, possono fornire risposte più che valide, mentre la combinazione di due sistemi di trasduzione (piezo+magnetico oppure piezo+mic) aiutano spesso a compensare le carenze dei vari sistemi. Ormai tutte le acustiche, anche quelle di fascia bassa, ospitano sistemi di trasduzione e preamplificazione dignitosi, con una resa che solo qualche anno fa poteva sembrare un sogno inarrivabile. Ma volendo dare voce ex novo una chitarra elettricamente muta?
Anch’io mi sono trovato a combattere la guerra della “giusta” amplificazione della mia chitarra acustica, una gloriosa Ibanez di fine anni 70, imitazione della Gibson Hummingbird alla quale sono molto affezionato e che, pur non potendo competere ovviamente con strumenti blasonati, ha le sue qualità, principalmente per la suonabilità, dopo un buon set-up del liutaio vicentino Loris Fontana, e per la presenza di un’ottima tavola di abete massello che gode di una stagionatura naturale ormai trentennale.
Ricordo ancora i primi goffi tentativi di elettrificare lo strumento, il primo correlato all’utilizzo di un pick up magnetico Shadow, di per sé anche discreto ma osceno esteticamente e difficilmente ancorabile alla buca. All’epoca pensavo di ottenere una buona resa con l’utilizzo di un multi effetto Yamaha Magic Stomp, sfruttando i suoi presets per chitarra acustica, e non mi capacitavo del risultato purtroppo penoso. Successivamente approdai al GHS Soundhole (microfono a condensatore da utilizzare “dentro” la cassa), il risultato migliorava un po’ finchè si rimaneva tra le mura domestiche per registrare. Alla prova del palco le cose evidenziavano i propri limiti in modo drammatico, per l’ingestibilità dei rientri. Di suonare con altri musicisti poi, proprio non se ne poteva parlare. All’epoca avevo iniziato a partecipare agli open-mic di Fingerpicking.net, peraltro frequentati da chitarristi acustici di livello, e alle mie dubbie capacità interpretative dovevo aggiungere la sensazione di inadeguatezza del mio SUONO. Il “senno di poi” mi porta ad affermare che, oltre alla qualità dei trasduttori o del multi effetto, la ricerca del giusto suono deve passare assolutamente attraverso corrette regolazioni, a livello di equalizzazione (meglio togliere piuttosto che aggiungere), di gain (meglio stare calmini), di posizionamento sul palco, tutti fattori che necessitano di lunghe ore di prova per attivare a padroneggiarli.
Alla fine ho trovato una risposta per me soddisfacente nel “Mini Pure Western” della americana “K+K” . Trattasi di un trasduttore composto da tre “pastiglie” da incollare con la fornita colla ciano-acrilica sotto la tavola armonica, all’altezza del ponte. I cavi che “escono” dalle pastiglie si riuniscono in un solo cavo che termina in un “end-pin jack” utilizzabile anche come bottone per la tracolla. Il sistema quindi è poco invasivo, di fatto lo strumento viene intaccato unicamente dal buco da fare con il trapano per ospitare il jack. Il pregio principale di questo pick up è dato dal suono molto naturale considerato che i tre elementi di trasduzione captano perlopiù le vibrazioni della tavola, diversamente da un normale piezo installato sotto la sella del ponte, che cattura principalmente la vibrazioni del ponte stesso. Il “mini Pure” restituisce peraltro un livello di segnale abbastanza potente da pilotare un canale del mixer, piuttosto che un ampli da acustica, anche senza l’ausilio di preamplificatori esterni. Questa è una soluzione che utilizzo spesso in soluzioni “da battaglia”, tipo una suonata tra amici magari improvvisata: si attacca il cavo e via a suonare. Ottima l’abbinata con un combo SR Technologies Jam150. Utilizzando un cavo jack-cannon maschio in uno dei primi due canali dell’ampli e gli effetti on board (peraltro forniti da Alesis) il risultato era adatto a tutte le situazioni. In merito al temuto feedback, segnalo una sensibilità limitata, anche se non nulla e va quindi posta comunque una certa attenzione alla posizione del “musicante” rispetto ad ampli e casse.
K+K fornisce altresì oltre ad una vasta gamma di trasduttori simili al Pure Western, per vari utilizzi (classica, resofonica, ukulele, violino etc) anche una bella serie di preamp dedicati. Personalmente utilizzo un “Dual Channel Pro” che come dice la parola fornisce la possibilità di trattare due segnali: quello del Pure western e quello di un altro trasduttore, tipo un magnetico piuttosto che un mic. Ciò è facilitato dal fatto che l’end pin jack fornito con il Pure Western è predisposto per accogliere i due cavi di un altro trasduttore, basta saldarli. Il preamp presenta controlli esterni di volume separati per i due segnali, una coppia di uscite singole, volendo usare due canali del mixer con equalizzazioni diverse, ancorchè utilizzando l’uscita left si preleva un comodo segnale mono già mixato delle due sorgenti. Internamente il preamp presenta dei trimmers per gain, bassi, medi ed acuti con estesa possibilità di intervento (+- 15 db) e separati per ogni canale. In questo caso, se da un lato la soluzione fornisce ampia possibilità di modellare i segnali (con la Ibanez ad esempio tagliavo fortemente i bassi di per sé ridondanti, da buona dread) per contro risulta un po’ scomoda da regolare, stante il fatto che i trimmers sono interni. Bisogna in pratica utilizzare un approccio “set & forget” modellato sul singolo strumento, lasciando ulteriori regolazioni correlati a necessità ambientali che si possono presentare nelle singole occasioni a devices esterni (in buona sostanza al mixer o all’ampli). Il preamp migliora sicuramente la resa del sistema, anche se a mio avviso non in maniera drastica. Presenta anche il classico rischio correlato alla pila da 9 volts che lo alimenta, specializzata come noto nell’abbandono nel bel mezzo di una performance….(ma qui basta organizzarsi….)
L’utilizzo del Dual Channel Pro diventa per contro indispensabile se si abbinano due forme di trasduzione. Vi voglio riportare l’esperienza dell’utilizzo di un Pick Up magnetico della Fishman Mod Neo-D (passivo e caratterizzato da una risposta bella equilibrata su tutta la gamma ma da una potenza di uscita di per sé non esaltante) abbinato ad un “dual twin” sempre della K+K (versione scaled down del mini pure) installati su una 12 corde Yamaha primi anni 80. . Tramite i trimmers interni del secondo canale del preamp si riusciva a fornire il corpo mancante al segnale del Fishman e la resa finale era caratterizzata da un bella “complessità” con frequenze ben dettagliate con un attacco bello pronto favorito dal magnetico. La possibilità di mixare le due sorgenti sul preamp forniva altresì ampia versatilità, favorendo ad esempio il Fishman per strumming e linee a note singole oppure privilegiando il K+K, insuperabile per gli arpeggi.
Tutto bene, direte Voi, ma si può sentire tutto ciò come suona? Purtroppo la 12 corde equipaggiata con il doppio sistema, unitamente all’S.R. jam150 e a gran parte della mia strumentazione elettrica sono ora a mani di terzi….che visitarono il mio garage un paio di anni fa, e non dispongo di nessuna registrazione proponibile. Vi dovete fidare quindi della mia parola. Ho reperito invece un paio di video, registrati in un paio di serate diverse, con la Ibanez protagonista, equipaggiata con il Mini Pure Western. In entrambi i casi la ripresa è quella del microfono interno della cinepresa e quindi la qualità dei suoni, così come quella delle performances per miei evidenti limiti… sono quelle che sono. Però come mi sono divertito…..
Sono sempre stato un fan dei PNR - Progetto Non Raggiungibile - Rock Band di zona fondata da quello splendido chitarrista che è Frank Varano, coaudiuvato dai non meno validi Toni Carrara alla batteria, Diego Pettena alla voce e Davide Zamberlan al basso. Di loro apprezzavo tutto: la tecnica, il repertorio, la capacità di stare sul palco, la simpatia e disponibilità. Una bella sera mi ero recato al Movida, locale di zona che all'epoca ospitava una fortunata iniziativa di VicenzaLive, i "Playoff"- concorso per gruppi emergenti, dove ricoprivo con altri "loschi figuri" del giro del sito, l'incarico di "giurato". Appena arrivato, dopo appena il tempo di salutare qualche persona, fui intercettato da Davide, che senza mezzi termini esordì: "Ti dobbiamo parlare". "Eccomi" - risposi, sono tutto vostro!.
"Bene, - continuò Davide - "Noi PNR abbiamo ascoltato il tuo demo, e vorremmo organizzare una serata per eseguirlo con te dal vivo". Rimasi inebetito. Stavo giusto arrovellandomi il cervello per pensare al modo di portare sul palco la mia "fatica discografica" e uno dei gruppi di zona che stimavo di più mi offriva l'opportunità "Tutto servito"! Impiegai qualche nano secondo a fare questa riflessione e a rispondere "Per me è un onore, prima ancora che un piacere!".
Così, dopo qualche ulteriore accordo, ci lasciammo con l'intesa di dare vita alla collaborazione di lì a poco (si avvicinava fine anno, le feste etc...).
Ai primi di febbraio 2008, dopo che Davide aveva organizzato la data (19 aprile al Teatro Ariston di Bolzano Vicentino), programmammo quattro prove presso lo studio di Frank, in media una ogni quindici giorni, in modo da lasciare anche spazio all'ordinaria attività dei PNR. Con una breve riunione stabilimmo la scaletta della serata, ovvero alcune canzoni dei PNR da soli, dal loro repertorio originale, sette canzoni dal mio demo più una che stavo ultimando di comporre, e per finire quattro covers. Per queste ultime optammo subito per un omaggio ai Beatles. Scartata "Come Together", già presente nel repertorio dei nostri, scegliemmo While my guitar gently weeps, Strawberry Fields, With a little help from my friends (versione Joe Cocker) e Hey Jude.
Trovarmi in sala con i PNR è stato al primo impatto spiazzante: il gruppo ha sempre avuto un "tiro" ed un "volume di fuoco" non indifferenti, ed in prima battuta non sapevo "dove mettermi". Decisi per un approccio "minimale", accompagnando con discrezione e lasciando giustamente a Frank la quasi totalità degli interventi solistici. La scelta si rivelò azzeccata. Infatti la sera dell'esibizione Frank regalò una performance di primo livello, che tuttora riascolto con piacere riscoprendo ogni volta qualche passaggio di grande classe.
La serata è stata abbinata ad una iniziativa a favore di Emergency. Purtroppo la concomitanza con altri concerti nel vicentino (Marlene Kunz, Dardo Moratto) e forse una promozione da parte nostra migliorabile, si è tradotta in una affluenza di pubblico non esaltante.
Suonammo comunque alla grande!
Non mi resta che ringraziare i PNR per avermi dato l'opportunità di vivere una grandissima esperienza di musica.
http://www.vicenzalive.it/
Dietro questo Url si "celava" una community di appassionati di musica decisamente vitale ed appassionata. Il sito era nato agli inizi del 2000, come servizio per promuovere gli eveni e le band di zona. Nel tempo l'attività è cresciuta e qualificata, con la promozione di un disco (Pensieri di Guerra), l'organizzazione di memorabili jam sessions (i famosi VicenzaLiveTime), di serate a tema (La Queen Night, Genesis Night, Il mini VLT metal, il mini VLT Grunge, la serata dedicata a Fabrizio De Andrè).
Ho iniziato a frequentare la community, prima nelle pagine del suo forum e poi attivamente, nel 2007, e ne ho tratto un importante arricchimento sotto il profilo umano e musicale. Ho conosciuto molti musicisti, ho partecipato a serate memorabili e soprattutto ho suonato un sacco. Ringrazio in primis i promotori del sito Marco, Nabo, Elena, Frigo, Alessia e tutti gli amici e musicisti che ho incontrato, in particolare i PNR al completo (Frank, Davide, Toni, Diego), il grande Mautryx, Enrico Wildecat e tutti gli amici che mi hanno accompagnato nell'allestimento della serata dedicata a De Andrè.
Purtroppo gli impegni che vincolano tutti hanno comportato una battuta di arresto nell'attività del sito, che comunque rimane attivo nel servizio di evidenza dei concerti. Rimane la grandezza di ciò che è stato fatto, con la speranza di ripartire con nuove idee e nuove energie.
Desidero riportare ora qualche video delle sessions a cui ho partecipato. Buona visione.
Registrato nei mesi d’agosto e settembre 2007 presso lo studio “Il Garage” di casa mia…, il lavoro punta l’obiettivo sulle mie esperienze musicali più personali. Quasi tutti i brani sono stati composti nei primi anni ’80, alcuni addirittura sui banchi di scuola. Solo un brano, “L’altro Sono Io” , risale a un paio di anni fa, ed è stato ispirato da una iniziativa degli studenti della Scuola Media “Bortolan”, tra cui mia figlia, che avevano impostato la festa di fine anno su questo tema. Infine alcuni testi sono stati riscritti di recente. Per quanto riguarda i brani di terzi, la scelta è caduta su alcuni pezzi particolarmente rilevanti per me: “Horizons” dei Genesis, uno dei primi brani “importanti“ imparati, ed “A Day in The Life”, in omaggio ai Beatles. “Jeux Interdits” è invece un sentito omaggio alla figura di mio padre: ricordo quando da ragazzino, mi esercitavo di sera con la chitarra e Mariano mi chiedeva sempre di suonare “la sua canzone”. E sistematicamente si commuoveva.
Sono contento di aver realizzato questo demo. Certamente, alcuni dettagli potevano essere rifiniti meglio, e le voci, diciamocelo pure, fanno pena. Ma desideravo fortemente mantenere l’impronta personale del lavoro e temevo che la ricerca dei particolari mi avrebbe portato a rinviare la conclusione a chissà quando. Magari un giorno potrò rifare queste canzoni, in uno studio vero, coinvolgendo musicisti veri…O forse no, E' meglio che comincio a pensare alle prossime canzoni da scrivere. Ne ho in testa un paio di proprio buone
Amo la chitarra perchè è uno strumento meraviglioso. Con una chitarra in mano non si è mai da soli. Con una chitarra si hanno mille possibilità espressive, dalle più semplici alle più raffinate ed impegnative. Si può semplicemente intrattenere gli amici accompagnando cantate interminabili, come ci si può chiudere in una stanza a sperimentare nuove cose, a cercare nuovi orizzonti per la tua espressività.
Suono la chitarra da quando avevo i calzoncini corti, e da quel momento sono passati circa trent’anni o poco più. Mi definisco un “dilettante evoluto”. Dilettante perché non sono mai riuscito a passare quel sottile confine, a compiere il definitivo “salto di qualità” verso
un coinvolgimento maggiore, un po’ per pigrizia, un po’ perché sempre più coinvolto in mille altre cose, altrettanto importanti e dignitose (casa, famiglia, lavoro….).
Evoluto perché in tutti questi anni, ho sempre tentato di mantenere aggiornate le mie conoscenze sullo strumento e sulla tecnica, cercando di ascoltare e conoscere nuovi generi e artisti, e soprattutto leggendo, consumando, quasi amando quintali di riviste specializzate, fedeli compagne di questo percorso. All’inizio era “Fare Musica” (…quanto mi manca!), poi arrivarono “Guitar Club”, “Axe-magazine” e soprattutto “Chitarre”, che tuttora seguo con regolarità. Non vanno dimenticati alcuni libri curati dal progenitore della stessa “Chitarre”, il grande Andrea Carpi, quali “Manuale di chitarra Rock”, “Manuale di chitarra Folk”, “Manuale del Blues”, “Suonare e cantare di Rock inglese”, e così via…
Capirete che tutta questa carta stampata occupa spazio, ma ho sempre tentato, nonostante un paio di traslochi, di conservare quante più riviste possibili. Ciò per un motivo ben preciso: riuscire a salvare le preziose sezioni di didattica.
Così, un bel giorno di qualche tempo fa, nel disperato tentativo di riordinare il garage ed assillato dal dubbio se sacrificare un paio di scatoloni pieni di riviste, mormorai tra me e me: “dovrei fotocopiare tutti gli articoli più interessanti, riordinarli per argomento, e raccoglierli in un libro, così non dovrei più conservare tutte queste riviste ed avrei il materiale sempre a portata di mano”.
“Un libro? E perché non dovrei provare a scriverlo io un libro su questi argomenti? Se ci rifletto, quasi credo che anch’io avrei qualcosa da dire! - Intanto potrei iniziare con un sito web!".
Così, cari amici, eccomi a presentarvi “Shut up ‘n’ play yer guitar! (ovvero tasi!…e sona!)”, che, lungi dal pretendere di essere un lavoro esaustivo sulla didattica della chitarra, vuole semplicemente riassumere il mio personale percorso sullo strumento, oltre che offrire un omaggio ad alcune esperienze musicali che mi hanno nel tempo gradevolmente coinvolto.
Sperando di riuscire a far condividere almeno a qualcuno di Voi la mia passione, porgo un augurio di buona musica a tutti.